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mercoledì 4 gennaio 2017

Perdonare e dimenticare è possibile?

Prendendo spunto da un’articolo che lessi qualche anno fa scritto da un sacerdote e fecendo una riflessione sul ciò che lui sosteneva cioè che bisogna chiedere perdono e perdonare per stare in pace con Dio per perdonare noi stessi delle nostre cadute e che si dice anche che non c'è vero perdono se non si dimentica, io penso che sia impossibile farlo davvero. Quando torniamo sulle ferite ,siamo assaliti dal rancore, e solo se dimenticassimo l’offesa ricevuta potremmo ricominciare.

Allora qui inizia la mia riflessione: Sappiamo tutti che ci sono ricordi incancellabili, ed esperienze che restano incise nel nostro subconscio per sempre. La memoria che custodiamo in noi, ci fa rivivere tutto ciò che pensavamo fosse dimenticato.

Per questo è necessario saper distinguere tra perdono e oblio che spesso non possono andare di pari passo. Perdonare indubbiamente ci guarisce e ci risana il cuore, così come l'essere perdonati,ma perdonare è una grazia , perché dal mero punto di vista umano è una conquista a volte troppo difficile da raggiungere. Innumerevoli volte ci accorgiamo di essere incapaci di perdonare chi ci ha offeso! Quante volte ancora, ci rendiamo conto dell'esistenza di rancori calcificati dentro la nostra anima che ci offuscano la fiducia verso gli altri!

Il perdono ci può far rialzare e intraprendere un nuovo cammino e ci riconcilia con la vita, con il mondo, con noi stessi e rende il peso più leggero.Ma il passare degli anni ci lascia delle ferite nell'anima. A volte ci sono offese pesanti non perdonate e chiuse dentro di noi, perdonare è comunque una grazia.

Spesso però ci sono sentimenti umani che ci impediscono di farlo, come ad esempio il fatto di pensare che abbiamo ragione, oppure l'ingrandire le dimensioni dell'offesa.

Temiamo che col perdono non stiamo dando il giusto valore a quanto ci è successo, e l’atto stesso di perdonare ci fa pensare di metterci al loro livello, per questo vorremmo che chi ci ha offeso si umiliasse, imparasse una lezione, cambiasse e che non lo ripetesse più.


Dunque il perdono è anche condizionato al cambiamento di un atteggiamento da parte di chi ci ha offesi ledendo la nostra dignità. Così è subordinato al pentimento dell'altro, alla compensazione del danno che ci hanno provocato, e al riconoscimento della propria colpa, con l'impegno a non ricadere nello stesso errore.Ma il perdonare incondizionatamente non è facile e ci resta sempre uno spiraglio di rancore. Una porta aperta all'amarezza, al rifiuto. Non penso che l'oblio sia così tanto facile e comunque che dipende dal danno che abbiamo subito . Ci sono ferite, rancori che pesano a causa di esperienze mai dimenticate. Come si può dimenticare quello che ci ha segnati per sempre? È troppo difficile perché rientra nella nostra storia , e sarebbe come dimenticare qualcosa che ci costituisce, ed è parte della nostra identità.




Quando dimentichiamo, solitamente è perché la ferita è stata superficiale e l'offesa non è stata tanto grande. Le riteniamo parte delle esperienze negative che si sono perse nel passato e a cui non abbiamo ritenuto di dare tanta importanza. D'altronde la memoria è come un bagaglio che viaggia sempre con noi e che ci serve per affrontare la vita, l' imparare dal passato a conoscere la nostra storia e ringraziare offrendolo fra le cose che Dio ci ha donato. La memoria ci aiuta ad andare oltre . cIò che voglio sostenere è che sicuramente bisogna perdonare, ma dimenticare è impossibile!




Ci sono delle ferite insanabili della vita , che spesso sanguinano perché hanno intralciato il nostro cammino e che ricordiamo in modo nitido facendoci domande sul perchè continuiamo a sentirne il male. Dimenticare poi, non è così necessario anzi in certi casi è anche deleterio, inumano . Inoltre per quanto si voglia formattare l'hard disk della memoria, nostro malgrado capita di inciampare nel danno che ci è stato causato e che può essersi prolungato nel tempo modificando la nostra vita per sempre.




A questo proposito , mi torna alla mente la storia di un amico il cui nome è Massimo Coco, figlio del primo procuratore ucciso durante l' agguato terroristico a Genova, il primo della storia eversiva e purtroppo spesso non citato, Francesco Coco.







Massimo nel suo libro “ Ricordare stanca”, a questo proposito dichiara che lui non riesce a perdonare chi uccise suo padre nel periodo in cui era ancora adolescente, privando così anche suo figlio Francesco, che porta il nome dell'illustre nonno, di una parte della memoria storica della sua famiglia e di quella figura che sarebbe stata fondamentale per la sua crescita di figlio, e di nonno per il nipotino. E che lo ha anche privato dei ricordi normali e belli, che qualunque persona dovrebbe avere della propria famiglia.Inoltre Massimo avanza anche un’altro aspetto che non è assolutamente trascurabile , quando sottolinea giustamente , almeno secondo il mio modo di pensare , che per lui non è stata affatto una lezione di vita quell'esperienza, inoltre che ritiene di non avere il diritto di perdonare al posto di suo padre, cioè in vece sua , oppure per contro, di odiare al posto suo.

Per cui a chi esorta il perdono facile si chiede : a voi chi da questo diritto se non lo da nemmeno a me?
Ripenso anche ad un’altra situazione che tocca la mia storia personale,cioè quella di persone che a causa di uno sterminio provocato da menti malate e diaboliche , a causa della Shoah, si trovano esattamente nella situazione di Massimo, nel mio caso addirittura moltiplicato, cioè quella di non avere più una famiglia, poiché, a causa di questa decimazione, la famiglia non ha più potuto crescere nel tempo mancandone la maggior parte degli elementi e quei pochissimi rimasti sono ormai molto anziani.

Questo per una persona significa, che guardandosi attorno durante momenti difficili che nella vita capitano a tutti , e sentendo magari il bisogno di confrontarsi, non riesca purtroppo a trovare volti famigliari, quelli che solitamente si dovrebbero riconoscere anche solo attraverso uno sguardo , un sorriso, quelli che magari altri più fortunati incontrano dopo tanto tempo e che ricordano loro qualcuno che gli è stato prossimo nel passato facendogli esclamare : si, sei proprio tu, ti riconosco perché hai lo stesso modo di sorridere o di parlare, gli stessi occhi di…

Sono certa che pochi riflettono su questo fatto. Riesce a farlo solo chi ha sofferto per queste cose.

Non posso giudicare chi mi ha ferito , è vero, ma posso e devo allontanarmi dalla sua presenza. Non posso desiderare che soffra ciò che ho sofferto io, anche questo è vero, ma devo costruire su quella punto, la mia storia.


Non posso decidere che il ricordo scompaia, ma posso decidere come agire, come trattare colui che incontrerò nuovamente sul mio cammino, come confiderò in lui o diffiderò anche se una volta o più di una, sono stato tradito. Non è facile, ma questo è il cammino per la pace e per l'unità.

Leggevo le parole di un Padre che diceva : “Ci sono punti che non cicatrizzano mai; punti nella vita in cui, anche se me ne ricordo vagamente , tutto si risveglia in me.

Quante divisioni diventano profonde perché non riusciamo a ricominciare! Ci manca la forza per trattare l'altro come se tutto fosse superato, senza ricordargli ciò che è successo è causa sua gettandogli in faccia le sue miserie, ma dipende dall'offesa e dal danno subito...

Ci sono punti della nostra storia che ci costano, ferite che forse non riusciremo mai ad accettare e guarire, cicatrici profonde nella nostra anima che non potremo mai superare del tutto . Ma a me rimane la domanda su quale sia il limite di questo e cioè : Fino a che punto e soprattutto cosa è giusto perdonare? Infondo non siamo perfetti, solo perfettibili


di MLince Grassi




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