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sabato 11 febbraio 2017

Intervista a casa di Mary Pace

Sono stata invitata a casa di Mary Pace che durante il lungo tempo della nostra conoscenza e del costante contatto che abbiamo avuto, è diventata  un'amicizia solida con un rapporto di  stima e di totale fiducia reciproca.
Oltre al piacere di vederci c'era anche la necessità di sapere da lei quale fosse stato il vero motivo della sua decisione di estromettersi dal Social di Facebook attraverso il quale lei manteneva i contatti coi suoi numerosi fans e colleghi. A tale proposito le ho posto alcune domande alle quali lei non si è negata, anzi ne ha tratto l'occasione per auto dichiararsi pubblicamente.

Io -   Come mai Mary hai preso questa decisione in modo così fermo e convinto? Lo avevi detto molte volte ma questa sembra sia definitiva.

Mary -  Il motivo è che non volevo più vedere ogni mattina una persona che ritengo mi abbia tradita e che fu il mio più grande amico. Una persona che mi fu accanto durante il lungo e faticoso periodo della mia malattia e anche in quello successivo nella quale avevo riposto una grande parte della mia fiducia.

Io - Quale ritieni possa essere il motivo della sua pugnalata alle tue spalle?

Mary - Presumo che sia stato causato da un ricatto mercenario da parte del Ministero nei suoi confronti, cosa che io avvertii già nel Gennaio 2016 , mese in cui io feci pervenire i miei computer al giudice dietro a sua precisa richiesta, in quanto voleva dimostrare che io avevo dato notizie molto importanti alla Central Intelligence Agency con cui stavo comunicando da molto tempo proprio attraverso i miei dispositivi informatici e in merito alle coordinate sul covo di Bin Laden al fine di giustificare la mia richiesta della taglia prevista per chi avesse fornito tali informazioni.

Io - Qual'è il tuo stato d'animo nei confronti di questa situazione che si è creata e di questa persona che hai così tanto ritenuta amica rimanendone poi delusa?

Mary sorridendo - Il mio Generale, Giovanni De Lorenzo, capo  del SIFAR e dell'Arma di Carabinieri, mi ha sempre detto di imparare a non fidarmi mai di nessuno al cento per cento e di mantenere il mio aplomb anche nel caso ci fosse stata una bomba sotto la sua poltrona. Questo insegnamento mi rimase così impresso nella mente da diventare il mio habitus mentale.  Ricordando queste cose Mary ha cambiato espressione e guardandomi ha detto sottovoce e con visibile rimpianto : che bei tempi! . Poi ripresasi dal momento di comprensibile nostalgia e ritornando col  tipico tono di un carattere volitivo ha proseguito dicendo : Quindi non mi sono mai abbandonata totalmente ad una fiducia cieca, ma diciamo che nonostante questo fatto non mi ha uccisa moralmente , però mi ha fatto molto male! Ho sofferto molto e tutt'ora sto soffrendo in quanto mi ero illusa che fosse un'amicizia indissolubile. Questo episodio però mi ha resa consapevole che tutto ha una fine. Ma questa fine confesso che è  estremamente dolorosa.

Io - Avrà conseguenze questa tua forte delusione Mary? Hai parlato di un riscatto personale, come pensi di attuarlo se pensi di farlo?

Mary - Probabilmente la persona in oggetto si è accorta che io sono al corrente di tutto, ma al momento io non ho premeditato una reazione  né ho ancora stabilito una modalità. Mi riservo però di agire in modo lucido e non emotivo come sarebbe se lo facessi in questo momento. Non appena io mi sarò ripresa da questa delusione prenderò una decisione e agirò in modo da essere sicura di centrare il mio obiettivo in modo da avere l'effetto che io stessa deciderò di ottenere da questa reazione. Una cosa è certa, non resterò impassibile.

Io - Se questa persona ti chiedesse perdono tu cosa faresti? Lo perdoneresti?

Mary - NO! Perché so che chi tradisce una volta lo farà ancora e perché sono convinta che sia insito nell'animo italiano il difetto di tradire.

A questo punto io e Mary abbiamo iniziato altre piacevoli conversazioni su molti altri argomenti che l'hanno distolta da questo pensiero così triste per lei ma che ha affrontato con una forza di carattere tipica di una Guerriera.

Non mi resta altro che concludere questa amichevole intervista dicendo  : Mary, Ti voglio bene! Sei un capitolo della storia dell'Intelligence che non deve essere messo da parte, sei memoria storica di fatti e tecniche che non possono essere dimenticate, o perlomeno io non lo farò!


MLince Grassi










giovedì 9 febbraio 2017

da un articolo di Mary Pace : Geddafi sangue italiano

LA SIRTE è rappresentata, fin dall’antichità classica, da due insenature della costa settentrionale dell’Africa, bagnate dal Mar Mediterraneo. La più occidentale è detta Piccola Sirte, ovvero Golfo di Gabès. La Grande Sirte, ossia Golfo di Sidra, ha invece uno sviluppo costiero di 760 km, compreso tra Misurata e Bengasi, dove sorge l’omonima città libica di Sirte. Bagnato da scarsissime piogge, si tratta di un paesaggio alquanto desolato, perfino deprimente. Stepposo nella fascia costiera, desertico in quella interna, privo di piante. Eppure, una zona così avvilente, nella primavera del 1942, diede i natali ad un grandissimo condottiero, il quale, distinguendosi per levatura ed eccelse virtù, scrisse in modo indelebile la Storia della propria Patria, e non soltanto, dedicando l’intera esistenza al suo amato Popolo. Uno di quei classici eroi, i quali sacrificano le proprie vite per un alto ideale, adoperandosi unicamente per aiutare il prossimo, in modo assolutamente disinteressato, senza pretendere alcunché in cambio. Mi riferisco al «Colonnello di Ferro», il Rais Muammar Gheddafi, Capo Rivoluzionario della Jamahiriya araba libica («Stato delle masse»), nelle cui vene scorreva un puro e nobile sangue: quello italiano! I più stenteranno a crederci. Ma, alla luce di approfondite e minuziose indagini, è possibile asserire, con incontrovertibile certezza, che Gheddafi fosse un nostro fratello italiano.
Siamo in piena Seconda Guerra Mondiale. In data 12 febbraio 1941, al comando del Deutsches Afrika Korps, giungeva a Tripoli il Generale Erwin Rommel. Nella zona della Sirte, era acquartierato un manipolo di nostri militari, in attesa di ricevere ordini dal Comando. A parte le ordinarie pattuglie in ricognizione, quei soldati non avevano compiti specifici da assolvere. Il Colonnello, a capo di quel distaccamento, aveva incaricato alcune donne arabe, del luogo, di svolgere varie incombenze, tra cui la quotidiana preparazione del rancio e la pulizia del campo medesimo. Tra di esse, ne spiccava una in modo particolare, per la sua notevole bellezza. Il Colonnello ebbe una relazione con tale donna, da cui nacque un bambino. La mia preziosa fonte informativa, che faceva parte di qual drappello militare, mi confidò di avere tenuto più volte, tra le proprie braccia, tale bambino. Nel novembre 1942, dopo la Seconda Battaglia di El Alamein, Rommel ordinò il ripiegamento delle Forze dell’Asse. Poco prima, il Colonnello italiano del distaccamento nella Sirte, preconizzando una imminente sconfitta definitiva delle truppe italo-tedesche, riuscì ad ottenere una breve licenza, durante la quale, a bordo di un velivolo da egli stesso pilotato, si recò a Venezia, sua terra natia. L’Ufficiale italiano portò con sé il figlio e, una volta giunto in Laguna, lo fece battezzare. Quindi, entrambi ritornarono sùbito presso il distaccamento nella Sirte. In seguito all’ordine di ritirata, impartito da Rommel, anche quel manipolo di soldati italiani abbandonò la propria postazione. Il Colonnello, dopo avere lasciato il figlio alla madre, perse la vita nei successivi scontri bellici. Quel bambino era Muammar Gheddafi!
I Servizi italiani hanno sempre saputo che Gheddafi fosse italiano. Infatti, essi lo hanno protetto e salvato, ogniqualvolta egli si fosse trovato in serio pericolo di vita. Come non ricordare le numerose tempestive informative della nostra Intelligence, indirizzate a Tripoli! Il Direttore del SID, Gen. Vito Miceli, fu informato che, a Trieste, fosse pronta a salpare una nave carica di armi e mercenari, la quale sarebbe dovuta sbarcare in Libia, con l’obiettivo di attuare un golpe filomonarchico e di destituire Gheddafi con la forza. Miceli, invece, dispose una efficace contromossa, inviando a Trieste i propri uomini (tra cui la sottoscritta), i quali sabotarono i motori della nave. L’aereo Dakota C 47, nome in codice Argo 16, in dotazione al SIOS (in seguito abbattuto sopra Mestre dal Mossad), si recò diverse volte in Libia, per condurre i nostri uomini dell’Intelligence, affinché essi potessero garantire appoggio e tutela a Gheddafi. Perfino Licio Gelli, a bordo di Argo 16, atterrò a Tripoli. Egli aveva sempre offerto aiuto e protezione al Rais. Degna di nota anche la richiesta avanzata all’epoca dal capo dello spionaggio francese, Alexander de Marenches, al Gen. Santovito, Direttore del SISMI, perché lo sostenesse nel realizzare un progetto di colpo di Stato in danno di Gheddafi, preparato dal Comandante della Guarnigione di Derna. Invece, evitando di dare corso alla predetta proposta, Santovito informò immediatamente il Colonnello, il quale riuscì a sventare il golpe. Nel 1986, il Rais fu ancora aiutato, per iniziativa diretta dell’allora Presidente del Consiglio Craxi.
Gheddafi è stato un personaggio eccezionale. Fu un uomo coraggioso e leale. Giustamente, oggi egli è ritenuto un eroe, paragonato addirittura a Maometto ed Allah. Da bambino, egli era solito dormire nei Minareti, al fine di frequentare la scuola. Dopo una settimana, ritornava a piedi nella Sirte. Aveva studiato nelle Accademie Militari e, ideologicamente, si ispirava a Gamal Abdel Nasser. Quando nel 1969 diresse il colpo di Stato, tramite il quale assunse il potere, Gheddafi aveva soltanto 27 anni. Durante il golpe non fu versata una sola goccia di sangue. Pertanto, se ne deducono una eccelsa preparazione militare ed un’alta competenza strategica. Il Rais promise al popolo libico che avrebbe portato l’acqua nel deserto e che lo avrebbe altresì irrigato, rendendolo fertile. Tutti impegni che, effettivamente, egli seppe mantenere. Nel 1975, il Colonnello pubblicò il Libro Verde, in cui espose il suo pensiero politico, una sorta di «terza via» alternativa tra comunismo e liberalismo capitalista. Per oltre quarant’anni è stato Guida della Rivoluzione, Capo della Jamahiriya araba libica. Nel corso di quel lungo periodo, egli ha sempre amato il suo Paese ed il suo popolo, così come quest’ultimo ha amato lui. Il Colonnello si è sempre prodigato per difendere ed arricchire la Patria, promuovendo un diffuso benessere collettivo, di cui tutti i libici hanno beneficiato, vivendo in ottimali condizioni. Egli è stato un vero «rivoluzionario», nel senso più propositivo, costruttivo e benefico possibile. Con Gheddafi, il Paese fu gravato dal debito pubblico più basso al mondo. Le politiche del Rais permisero alla popolazione di avere un reddito medio più che dignitoso. Egli aveva istituito un efficiente «Stato sociale», in grado di erogare un’ampia gamma di servizi, i quali soddisfacevano ogni sorta di esigenza dei cittadini. Egli diede tutto al suo amato Popolo: case di proprietà, soldi, lavoro, ospedali, scuole! Imponenti furono le infrastrutture pubbliche realizzate, tra cui spicca il famoso acquedotto Man made River. La banca statale libica ha gestito un’attività finanziaria non «occidentale» (basata sulla ricerca speculativa del profitto mediante il mero prestito del denaro), bensì «islamica», in ossequio ai precetti contenuti ne Il Corano, relativi alla ferma condanna dell’usura. Innovativa fu anche la politica estera attuata da Gheddafi, come la costituzione dell’Unione Africana, istituita ufficialmente nel 2002, ma fondata con la Dichiarazione di Sirte del 9 settembre 1999. Il sottosuolo era ricchissimo, grazie alla presenza del petrolio da esportazione. Il Rais aveva progettato perfino di adottare una moneta unica, ossia il Dinaro d’oro, che potesse sostituire il dollaro statunitense, come alternativa, nelle transazioni delle Nazioni appartenenti al Continente nero. Gheddafi non era un uomo violento. Egli non scatenò mai alcuna guerra, né chiamò il suo popolo sotto le armi. Durante una sua famosa intervista, condotta da Enzo Biagi, il Rais parlava con calma e si esprimeva con una palese flemma, mostrando un viso pacifico. Ciò costituiva la perfetta manifestazione esteriore del suo mansueto carattere. Egli aveva timore del terrorismo, soprattutto quello creato, gestito ed incanalato dalle note potenze occidentali. Certo, Gheddafi tentò di armarsi, ma soltanto a fini difensivi! Durante il suo operato quale Guida della Libia, il Colonnello predispose una dura ed efficace repressione della rete jihadista, le cui varie milizie terroristiche, legate al Gruppo Islamico Combattente Libico, nonché ad al-Qaeda, furono costrette alla clandestinità.
In data 30 agosto 2010, fu concluso il profittevole Trattato di amicizia e cooperazione tra Italia e Libia. Negli anni precedenti, infatti, il nostro Paese era stato vittima di una invasione indiscriminata di clandestini. In forza del predetto trattato, Gheddafi si era fattivamente impegnato nell’evitare la partenza dalle proprie coste di qualunque imbarcazione, la quale, con a bordo immigrati di ogni risma, volesse salpare per l’Italia. Il Rais, uomo d’onore, abituato a mantenere fede ai patti prestati, aveva infatti dato ordine alle proprie Forze Armate e di Polizia di sparare giustamente a vista, proprio con l’intento di arginare tale destabilizzante fenomeno immigratorio. Grazie a tale decisa politica di sicurezza, la nostra Patria ha beneficiato di una indubbia tranquillità. Quando lo accolse esultante a Roma, il Presidente del Consiglio Berlusconi, perfettamente a conoscenza del fatto che fosse italiano, si spinse fino a baciare le mani di Gheddafi, in Via dei Fori Imperiali, quasi fosse, quello, un gesto di lealtà. Eppure, il «cavaliere», un vile traditore, già sapeva che, di lì a pochi mesi, avrebbe concorso alla criminale e terroristica uccisione del Colonnello, il quale fu barbaramente eliminato, con inumana ferocia, nel peggiore dei modi. L’ignobile tradimento, tanto spregevole quanto infido, rappresenta una congenita caratteristica ed una esteriorizzazione del dna degli «occidentali» (tra cui spicca in modo assoluto quel viscido traditore di Berlusconi), i quali sono sempre pronti a pugnalare alle spalle i loro fratelli, soltanto per mettere in salvo le proprie misere vite, nonché per brama di potere ed avidità di pecunia. Durante l’aggressione alla Libia, Berlusconi inviò due caccia Tornado IDS, Interdiction/Strike, in forza al 6° Stormo di Ghedi, Brescia, Aeronautica Militare. Tali velivoli avrebbero dovuto condurre «missioni di attacco al suolo per la neutralizzazione di obiettivi militari, assegnati dal Comando Alleato». Consapevole della propria ignobile condotta, il «cavaliere» diramò un ordine riservato, affinché i due Tornado svolgessero tutte le missioni «in incognito», senza i classici segni distintivi di riconoscimento. Quando, tuttavia, la notizia filtrò in certi ambienti militari, per Berlusconi si palesò il concreto rischio che tali fatti diventassero di dominio pubblico. Pertanto, i quattro Ufficiali che presero parte alle operazioni belliche contro la Libia (i Capitani Alessandro Dotto, Paolo Piero Franzese, Giuseppe Palminteri, Mariangela Valentini) furono scientemente eliminati. Non dovevano parlare! Che abominevole vergogna, tutta italiana! Gli Usa, che reputavano il Rais quale acerrimo nemico, avevano «magistralmente» condotto criminali operazioni psicologiche, determinando il classico «lavaggio del cervello» a tutti i Paesi occidentali, che, peraltro, già si trovavano sotto il giogo statunitense. Washington muoveva sapientemente i propri tentacoli in modo occulto, originando indebite ingerenze nella legittima sovranità di Stati terzi. La Casa Bianca ha potuto contare anche sull’indispensabile appoggio di organizzazioni internazionali e di potenti lobbies finanziarie, le quali, mediante continue azioni di mistificazione e di disinformazione, hanno saputo abilmente indottrinare le masse, nonché dirigere l’opinione pubblica. Gli Usa affermavano con mendace spudoratezza che Gheddafi fosse un pericoloso terrorista e che, pertanto, fosse da abbattere. Come ovvia conseguenza, il Colonnello finì per essere letteralmente odiato da tutto il mondo occidentale. In data 7 ottobre 1985, un commando di quattro uomini prese con le armi il controllo della nave Achille Lauro, la quale si trovava al largo delle coste egiziane. A bordo si trovavano oltre 400 persone, che, di fatto, furono sequestrate. Unica vittima di quell’azione fu l’ebreo Leon Klinghoffer, cittadino statunitense, il quale fu ucciso. Il 9 ottobre 1985, si arrivò alla liberazione degli ostaggi. Tali fatti costituirono la premessa per la «crisi di Sigonella». Tale operazione terroristica fu imputata, sebbene falsamente, a Gheddafi. Anche la strage di Fiumicino, occorsa il 27 dicembre 1985, in cui furono uccise 13 persone, fu mendacemente addebitata al Colonnello. In data 21 dicembre 1988, si verificò un altro funesto attentato, a causa del quale il volo Pan Am 103 esplose e si schiantò sulla cittadina scozzese di Lockerbie, provocando la morte di 270 persone. I colpevoli della strage erano iraniani. Infatti, Teheran avanzò formali scuse a Washington. Tuttavia, gli Usa stabilirono che, a vantaggio della propria politica di aggressione, fosse più utile attribuire la responsabilità dell’attentato a Gheddafi, il quale era completamente estraneo all’intero luttuoso episodio. Ma tanto bastava, perché il Consiglio di Sicurezza Onu decidesse di varare un embargo contro la Libia. In seguito, il Rais risarcì i parenti delle vittime, tuttavia non per una presunta ed asserita ammissione di responsabilità. Egli maturò tale decisione soltanto per un semplice obiettivo strategico, ossia la revoca dell’anzidetta sanzione dell’embargo. Comunque, gli Usa giunsero ad affermare che ogni sorta di attentato portasse la firma del Rais! Pura vergognosa mistificazione! Il Colonnello fu marchiato in modo indelebile da Washington, che ne compromise per sempre l’onorabilità! Ormai, Gheddafi era diventato il «mostro», la personificazione di Lucifero! Non serviva nemmeno più documentarsi, leggendo i quotidiani: ogni attentato era sfrontatamente ascritto al Rais! L’apogeo della criminale e spregevole infamia fu raggiunta con la Primavera araba, i cui terroristici moti rivoluzionari di piazza iniziarono ufficialmente il 26 gennaio 2011, sebbene, già da tempo, squadre non convenzionali della Nato avessero preparato il relativo campo, attuando operazioni clandestine di false flag. Gli scontri armati si propagarono anche dalle città di Bengasi e Misurata. Le criminali potenze occidentali che presero parte a questa terroristica campagna di aggressione, affamate di sangue e potere, miravano esclusivamente ad impossessarsi degli smisurati giacimenti del sottosuolo libico, soprattutto petrolio, nonché delle immense riserve monetarie ed auree. A tale proposito, degna di menzione risulta la conferenza stampa rilasciata dal Presidente venezuelano, Hugo Chàvez, in data 8 ottobre 2012, giorno seguente alla sua rielezione. Chàvez aveva asserito che le «crisi» di Libia e Siria, in verità, fossero operazioni «pianificate e provocate dall’esterno», nel vergognoso alveo della nuova èra imperialistica occidentale (soprattutto statunitense), attuata tramite bombardamenti ed azioni destabilizzanti, contro la legittima sovranità ed indipendenza dei Popoli, nonché delle loro Patrie. Chàvez affermò che le riserve internazionali del popolo libico ammontassero alla impressionante somma di 200 miliardi di dollari. In seguito alla delittuosa aggressione della «Santa Alleanza Atlantica», le terroristiche Nazioni occupanti «rubarono» letteralmente l’intero importo delle predette riserve, adducendo, come infondata giustificazione, che si trattasse del patrimonio personale del Rais. Niente di più turpe e falso! Comunque, quello non fu il vero «tesoro» di Gheddafi. O meglio, ne rappresentò una minima parte. Il Rais possedeva trilioni di dollari! Tra le cause sottostanti al criminale attacco della Nato figurava altresì la difesa valutaria del dollaro, «minacciato» dalle politiche monetarie del Colonnello.
Tra i gravi «oltraggi» al diritto internazionale, è annoverata anche l’illegale condotta dell’Onu, che ha violato l’art. 2 della propria «Carta», manifestando una illecita ingerenza negli affari interni della Libia, nonché autorizzando l’uso della forza, tramite delega di tutte le operazioni belliche alla Nato (Risoluzione n. 1.973/2011, Consiglio di Sicurezza Onu). Usa, Francia, Inghilterra e gli altri Paesi della Coalizione furono autorizzati a compiere vere e proprie atrocità, conducendo le operazioni Odissey Dawn ed Unified Protector. Con l’illegittima e vergognosa imposizione di una no fly zone alla Tripolitania, sebbene la popolazione libica ivi presente sostenesse apertamente il Rais, la Nato si rese responsabile, dopo numerose incursioni aeree, del terroristico eccidio di migliaia di civili innocenti. I colpevoli di tali efferati crimini di guerra hanno ben precisi nomi. Essi sono i terroristi Nicolas Sarkozy, Hillary Clinton e Barack Obama! Addirittura, in data 19 marzo 2011, mentre fosse ancora in corso il vertice di Parigi, indetto dal Presidente Francese, proprio al fine di discutere della suddetta Risoluzione Onu, adottata due giorni prima, il medesimo Sarkozy, sponsorizzato dalla Total, diede ordine di iniziare i terroristici bombardamenti sulla Libia, sebbene la Nato non avesse ancora diramato l’ordine ufficiale di attacco! Sarkozy, poco tempo prima, ebbe addirittura il «coraggio» di domandare al Rais, con perfetta ipocrisia e senza ritegno, la corresponsione di ben 50 milioni di dollari, che gli servivano per la sua campagna elettorale. Ma Sarkozy già sapeva che non avrebbe mai restituito quella somma, poiché egli aveva già condannato a morte il Colonnello! Sporchi ed infami traditori! Il Rais fu vigliaccamente ucciso il 20 ottobre 2011 ed il suo corpo fu esposto, per alcuni giorni, in una moschea di Misurata. I suoi carnefici non avevano ancora pienamente soddisfatto i propri biechi istinti animaleschi. Le sue spoglie furono sepolte in una località segreta del deserto. Il Capo della Jamahiriya era temuto anche da morto. Il sicario di Gheddafi è stato Chris Stevens, Capocentro Cia, ma, ufficialmente, «Ambasciatore» Usa in Libia. Le milizie terroristiche libiche furono armate e sostenute dagli statunitensi. Tuttavia, di questi ultimi, i guerriglieri jihadisti non si fidavano affatto, proprio a causa del tradimento perpetrato da Washington a Gheddafi, temendo di essere destinati alla medesima ignobile fine. Pertanto, in data 11 settembre 2012, il Consolato Usa di Bengasi fu preso d’assalto dai suddetti insorti jihadisti, i quali uccisero proprio Chris Stevens, insieme a tre suoi collaboratori. Come dimenticare, invece, le perfide ed allucinanti risate della criminale Clinton, nel commentare l’omicidio del Colonnello! Soltanto una pazza posseduta, che incarna alla perfezione il «male assoluto», può arrivare a così tanta odiosa empietà!
«Dopo di me, il caos»: queste le profetiche parole del Rais, pronunciate nel 2011. Non ci sarà più un altro «Colonnello di Ferro». Ma lo Spirito di Gheddafi vivrà comunque in eterno.

(dal prossimo numero de "il Borghese" n. 2 - Febbraio 2017) tratto dal libro di Mary Pace

MLince Grassi